
Manifesto pubblicitario: quando l’arte incontrò il marketing
Inutile dirlo: il manifesto è la prima forma concreta e consapevole di advertising. Quando l’arte figurativa è diventata illustrazione, ha rotto definitivamente la barriera che la separava dal grande pubblico: l’arte esce dal museo e si mostra al mondo, per una fruizione più libera e, perché no, più spontanea.
E’ a questo punto che le città hanno cominciato a riempirsi di stampe di manifesti pubblicitari, piene di colori, immagini e slogan accattivanti.
Con il raggiungimento della grande diffusione, il manifesto ha mostrato il suo grandissimo potere comunicativo: quelle immagini colorate, legate alla vita quotidiana o capaci di far sognare mondi migliori, comunicavano un preciso messaggio e stabilivano un contatto psicologico diretto con lo spettatore.
Così, dopo averne approfondito l’importante potere persuasivo, il manifesto è diventato a pieno titolo uno degli strumenti più importanti nel marketing dei secoli passati. Ancora oggi, nonostante lo spostamento verso il digitale, il manifesto pubblicitario continua ad essere una fetta all’interno di strategie multicanale di marketing per grandi e piccoli brand.
Ma torniamo dove tutto ha avuto inizio, nell’Europa della Rivoluzione Industriale.
Breve storia del manifesto pubblicitario
Uno degli aspetti profondamente cambiati con la Rivoluzione Industriale fu proprio la comunicazione. Le città iniziarono a popolarsi di operai che lavoravano in fabbrica e vivevano in sobborghi a loro dedicati.
Si crearono i quartieri, le zone industriali e iniziò a svilupparsi un concetto moderno di città. Così, in questi nuovi centri, iniziano a diffondersi esigenze di comunicazione di massa: i manifesti rappresentano, allora, un ottimo strumento per raggiungere tutta la popolazione in modo veloce.
Il grande salto, però, si verificherà solo alla fine dell’Ottocento. Siamo a Parigi e la società è in pieno fermento: movimenti culturali, cambiamenti sociali, crescita economica. Tutti questi aspetti, combinati insieme, sono il cocktail perfetto per un’esplosione artistica e creativa.
Litografie, illustrazioni, stampe di manifesti: una vera e propria moda sta esplodendo nel centro Europa ricco e in continua crescita.
I primi manifesti, ancora legati al concetto più tradizionale di arte, erano dipinti a mano e rispecchiavano le correnti artistiche del periodo. Dei veri e propri oggetti di artigianato.
Inizia il Novecento e le immagini affisse raccontano la società del tempo: piacere, benessere e divertimento.
In questi decenni, il manifesto si afferma e conquista un suo spazio destinato a rimanere, pur con grandi cambiamenti, fino ai giorni nostri.
I grandi nomi del manifesto
Molti sono gli artisti che, nei decenni, si sono lasciati affascinare dalla tipografia, dall’illustrazione e dal marketing.
Jules Chéret
Se esiste un padre del manifesto pubblicitario moderno, è sicuramente Jules Chèret. Grande artista e uno dei primi pubblicitari della storia, Chéret fu il primo a comprendere l’importanza dell’immagine rispetto al testo: si può comunicare anche con le immagini e il messaggio tocca delle corde che la parola da sola non riesce a raggiungere.

Henri de Toulouse-Lautrec
Henri de Toulouse-Lautrec è un artista fin troppo noto; nelle sue litografie si possono ritrovare tutti gli elementi della stampa tipografica moderna. Realizzava manifesti e brochure con delle illustrazioni molto dinamiche, accattivanti e ricche di contrasti cromatici.
Fu uno dei primi artisti a realizzare delle creazioni già destinate alla pubblicità e al marketing, colmando uno spazio culturale prima molto più ampio.
Aleardo Terzi
Per l’Italia vale la pena di ricordare Aleardo Terzi, un grande pittore noto anche per le sue illustrazioni a scopo pubblicitario. Nei suoi manifesti più famosi, si possono trovare diversi animali che svolgono azioni quotidiane tipiche dell’uomo.
Queste illustrazioni seguono un progetto teorico molto simile al concetto moderno di tipografia per il marketing.
L’Europa in guerra: i manifesti si arricchiscono di slogan
La storia del marketing legato alla cartellonistica e ai manifesti passa anche per le due grandi guerre del Novecento. In questi difficili anni, infatti, i manifesti e le affissioni si fanno strumento di propaganda.
Per svolgere al meglio questo compito, alle immagini molto evocative si aggiungono gli slogan, dei motti destinati ad entrare nella mente dei passanti- spettatori- consumatori.
La parola torna ad essere centrale nei manifesti, legandosi sempre all’immagine per un messaggio univoco e molto diretto. Importante, in questo senso, la scelta del carattere tipografico, del font più adatto per ogni genere di messaggio.
Esempi celebri di manifesti legati a questo periodo sono la pubblicità del Campari, con i soldati in trincea, e la campagna di reclutamento americana dello zio Sam.
Gli anni passano, le guerre finiscono e la comunicazione torna a raccontare periodi più felici, dove l’economia comincia a crescere ed il consumatore ricomincia a sognare.
Oggi la comunicazione pubblicitaria è molto cambiata: ogni strategia di marketing utilizza diversi canali e non può più prescindere dal digitale. La tipografia tradizionale, però, per i cataloghi, le brochure, i flyer ed i manifesti continua ad essere una parte fondamentale di ogni piano marketing.
Le città continuano a essere tappezzate di manifesti e cartelloni che le riempiono di colori, di volta in volta, differenti. Ancora oggi, guardando l’immensa creatività sprigionata da quelle pubblicità, appare chiaro come ogni manifesto conservi ancora una forte parte artistica accanto al messaggio puramente pubblicitario.
Il manifesto rimane, insomma, ancora il più eminente punto di contatto tra l’arte e la grafica pubblicitaria.
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